Ermanno Saraceno

Ermanno Saraceno

Da: Maurizio Cuscinà 

 Da parte mia desidero ricordare, nell'anno dell'anniversario della sua Patria, Ermanno ( con lui tutti i nostri compagni di Corso che ci hanno lasciato ) con queste parole, non importa di Chi.

«.... Le ceneri dei nostri antenati sono per noi sacre, e sacro è il luogo ove riposano;........I nostri morti non dimenticano mai la terra meravigliosa che diede loro un giorno la vita e continuano ad amare i fiumi sinuosi, le alte montagne, le valli solitarie; continuano a nutrire i sentimenti più teneri per coloro che vivono con il cuore ormai solo, e ritornano spesso per visitarli e consolarli…....ogni porzione di questa terra è sacra: ogni pendio, ogni vallata, ogni pianura e ogni foresta sono santificati da un dolce ricordo o da un'esperienza dolorosa....... Anche le rocce, apparentemente così mute sotto il sole cocente della costa, sono imbevute, nella loro solenne imponenza, del ricordo di eventi del passato legati al destino del..popolo. E persino la polvere reagisce con più amore ai nostri passi.......: essa, infatti, non è che la cenere dei nostri antenati e i nostri piedi nudi avvertono questo contatto benevolo, poiché il terreno è reso fertile dalla vita delle nostre famiglie.»

Con il cuore rivolto ai familiari

Maurizio con la moglie Daniela

Da: Roberto Pepe

Lo chiamavamo tutti per nome Ermanno per differenziarlo da Pippo che aveva lo stesso cognome. Col tempo venne l’epoca dei soprannomi e fu battezzato “Uhè, uhé trivella”. Generalmente, quando manca qualcuno, si ricordano tutti i successi che ha conseguito nella vita.

Io, però, come suo amico e giovane commilitone,  voglio ricordare un insuccesso di Ermanno: una debacle che nella vita (specialmente in quella militare), resta un marchio per tutta la vita. Ebbene,  Ermanno non riusciva a saltare sul plinto a volo d’angelo! Innumerevoli furono i tentativi dei marescialli in palestra a fargli spiccare il volo sufficiente per fargli superare quella tremenda barriera di legno ricoperta di cuoio, ma furono tutti vani. Aumentava la corsa, cercava di darsi una forte spinta sulla pedana di legno tale da spiccare il breve, ma indispensabile volo per superare l’ostacolo, ma gli atterraggi furono sempre a cavallo del plinto o con la pancia o con parti del corpo sensibilissime.

Un giorno decise: “Oggi ce la faccio…” La rincorsa fu la più potente  possibile, ma quando arrivò con i piedi sulla pedana, forse bagnata da sudore di altri allievi, scivolò e quasi si infilò con la testa dentro l’odiato attrezzo…  

Da allora “Trivella” fu il suo simpatico nomignolo. Si aggiunse poi “Uhé. Uhé” in quanto aveva quel suo modo gioioso di rivolgersi simpaticamente  e scherzosamente agli amici.

Questi sono i fatti, per me che non l’ho più visto da quegli anni giovanili di tanti anni fa, di quando, correvamo a Sassuolo sbuffando dal sudore, o al campo invernale tra la neve, di quando cioè, non avevamo ancora vent’anni.

Sicuramente in questi ultimi anni sarà cambiato in persona adulta, responsabile, e professionalmente preparata alle soglie dell’… anzianità, come qualcuno di noi,… , ma francamente, noi del 20° abbiamo un marchio che resterà sempre indelebile dei vent’anni che ci hanno unito allora.

Forse è arrivato il momento anche per Trivella uhé uhé di superare il Plinto,… anzi, sono sicuro che questa volta ce l’ha fatta con uno stupendo volo d’Angelo altissimo!...

Ciao Ermanno

Roberto Pepe